CENNI E CURIOSITA' STORICHE |
"Piemonte è una realtà in cui s’incontrano e s’intrecciano variegati aspetti culturali e geografici, e la realtà odierna della località e del territorio di certo non fanno presagire la lunga e ricca storia che sta alle loro spalle. Nelle pagine che seguono si cercherà di delineare l'evoluzione storica di questo territorio, ricco di testimonianze archeologiche e di documenti sull’appartenenza giurisdizionale ai Contarini, che si fanno però sempre più rari dopo la soppressione degli oneri feudali e addirittura scarseggiano nel XX secolo, periodo contrassegnato, almeno per il momento, da grosse lacune documentarie. Il testo che segue non ha la pretesa di rappresentare una sintesi esaustiva e definitiva sulla storia del castello, ma vuole offrire delle indicazioni utili a chiunque volesse approfondire lo studio della località e del suo antico feudo."
Da "Appunti per la storia di Piemonte e del suo territorio" del Circolo Istria
Domenica 8 maggio del 2011 è stato presentato a Piemonte d'Istria il libro del Circolo Istria "Appunti per la storia di Piemonte e del suo Territorio" scritto a tre mani da Gaetano Benčić, Rino Cigui e Denis Visintin con prefazione di Livio Dorigo, presidente del Circolo Istria e postfazione di Franco Biloslavo, segretario della Comunità di Piemonte d'Istria. Alla realizzazione della pubblicazione hanno collaborato Franco Colombo, Renzo Nicolini e Chiara Vigini mentre le belle immagini sono di Gianfranco Abrami.
Questo è il primo libro interamente dedicato alle vicende storiche di Piemonte d'Istria e possiamo ritenerlo opera fondamentale e scientificamente corretta per conoscere questa particolare ed antica cittadina istriana. Di seguito pubblichiamo alcuni passi della postfazione a firma del segretario della Comunità di Piemonte d'Istria.
Condividere storia e progetti
Spesso, quando mi trovo a discorrere con qualcuno di questo paese, della triste condizione in cui versa da decenni e dei tanti progetti di recupero di cui si legge sulla stampa, la domanda più frequente che mi viene rivolta è “Ma tu, come lo vorresti Piemonte d’Istria ?”. La risposta che do è sempre alquanto impietosa: “Lo vorrei così com’è…una maceria !”.
Lo vorrei come il Colosseo, come una piramide egizia, come un tempio Maya o come le rovine di Efeso: un punto di pellegrinaggio, di meditazione, d’incontro dell’uomo moderno con la civiltà passata. Immagino per Piemonte d’Istria un ruolo di non-monumento, testimonianza per le nuove generazioni dell’ in-civiltà di quelle passate, un atto di condanna.
Ripercorrendo la storia di questo paese -con molta cura descritta dagli autori di questo volume- vi si intravedono momenti di splendore e decadenza: assedi, vittorie, sconfitte ma, nelle sue vicende secolari, è quasi impossibile riscontrare traccia di una devastazione strutturale e sociale di tale portata quale è quella che oggi si offre agli occhi di tutti.
Ormai solo poche case, le ultime abitate, resistono allo sfacelo che dilaga inesorabile colpendo una dopo l’altra in una sorte di tragico domino sia le vecchie ed umili dimore sia quelle che un tempo furono le abitazioni più nobili, edifici di pregio storico come il castello Contarini, la casa che fu dei Besenghi o l’albergo dei Silli. Le pietre che per secoli con fatica e sapienza furono sovrapposte l’una all’altra, originando la caratteristica configurazione di questo borgo istriano, cadono inesorabilmente l’una dopo l’altra ad ogni soffio di vento, ad ogni intemperia appena un po’ più violenta.
Sembra quindi segnato il destino di questo che fu un vivace centro agricolo dell’entroterra istriano il quale -come annotava Giuseppe Castagna- fino alla fine della seconda guerra mondiale aveva “quattro osterie, due negozi alimentari, una macelleria, due sarti, due calzolai, due fabbriferrai, due tessitori, una collettoria postale, una cassa rurale, una levatrice, tre torchi oleari, due rivendite tabacchi, un ufficio parrocchiale…” poi una banda musicale e la nuova scuola costruita ai tempi dell’Italia.
L’arrivo dell’Italia (presto sarà trascorso un secolo da quella data) fu salutato in paese con grande entusiasmo: Valle Giuseppe, Chersicla Antonio, Miani Giuseppe, Sillich Mario e Biloslavo Antonio entrarono a far parte del consiglio comunale di Grisignana già alle prime elezioni che furono organizzate. Lo storico campanile ebbe delle nuove campane in sostituzione di quelle asportate dal governo austriaco e ancora oggi rimangono lì a ricordare l’evento nell’epigrafe fusa nel bronzo: "Mi ha infranto il furore del nemico, ma proprio dal bronzo del nemico ho potuto rivivere, cantando a voce sonora l'Italia e Iddio".
Furono portati a termine gli imponenti lavori di decorazione del duomo regalando così la soddisfazione al pittore vicentino Gildo de Troy di vedere ultimata l’opera da lui stesso iniziata quasi un decennio prima. Tutto il paese fu poi in vario modo coinvolto nelle vaste opere di bonifica della sottostante valle del Quieto mentre d’assoluta importanza per il paese fu la costruzione negli anni ’30 della nuova scuola elementare intitolata alla duchessa Anna d’Aosta che al tempo, con il consorte, risiedeva al castello di Miramare.
Quella scuola divenne il centro vitale del paese, non solo per il fatto di essere frequentata dai numerosi ragazzi del paese e dei dintorni ma anche per le numerose attività di contorno che il personale docente incoraggiò: recite, mostre, lotterie che andarono ad integrarsi con quelli che già erano i tradizionali momenti socializzanti. Le feste patronali, le processioni ed i percorsi religiosi delle rogazioni che finivano per trasformarsi in occasione di laiche “marende” nei prati -in valle o in carso- scandivano tempi di quello che fu un formidabile gruppo sociale compatto, operoso e solidale.
Di tutto ciò rimangono solo i ricordi, alcune foto e una comunità divisa tra i molti che se ne andarono e quelli che rimasero. Scelte entrambe difficili e dolorose, se si eccettuano le posizioni di alcuni –pochi- che agirono per proprio basso interesse o per scelta ideologica. Dal fatale 8 settembre del ‘43 in poi tutti i naturali e oliati meccanismi d’aggregazione sociale saltarono: intimidazioni e atti di violenza si susseguirono fino a che, nel 1947 con l’ultimo esodo massiccio, si concluse a Piemonte d’Istria la secolare storia di una vivace e vitale comunità istro-veneta. Negli anni seguenti, le scellerate strategie agricole e sociali del regime jugoslavo di Tito e la chiusura della scuola italiana daranno infine il colpo di grazia ad un paese già duramente provato.
Per molti anni poi, fino ai tempi nostri, la tragedia di quell’esodo e le cause che lo determinarono furono coperte, ignorate o travisate nel loro significato. Sui mass-media, ma persino nelle relazioni storiche degli ultimi progetti di recupero del paese -elaborate dai diversi enti regionali- l’abbandono di Piemonte d’Istria risulta catalogato come generica “emigrazione per questioni economiche” e in tale contesto, tra rare eccezioni, vale la pena di sottolineare lo sforzo compiuto dalla giovane regista polacca Magdalena Piekorz che negli anni ’90 con il suo documentario “The abandoned town” indagò i fatti ed esplorò le singole storie delle persone andate e rimaste. Quella testimonianza fu premiata dalla giuria di un concorso internazionale presieduta da Folco Quilici che ritenne di motivare il premio riconoscendole il merito di aver recuperato “una toccante testimonianza individuale come paradigma della ben più vasta tragedia delle popolazioni istriane”.
Piemonte d’Istria dunque come non-monumento istriano, paradigma della ben più vasta tragedia della popolazione istriana; popolazione dispersa, popolazione che si trovò costretta davanti ad un bivio: andare o rimanere. Popolazione istriana che da allora vive divisa ma che oggi, già nella realizzazione di questo lavoro, dà una importante dimostrazione di volersi e sapersi riunire, andando insieme a recuperare parti preziose della sua memoria comune. Il Circolo Istria -animato da molti di coloro che allora abbandonarono la loro terra- ha voluto affidare agli eredi di quelli che operarono la scelta di rimanere questa pregevole opera di ricostruzione storica. Un’ opera che pertanto diventa significativa non solo per la bontà dei contenuti scientifici ma, appunto, anche per questo momento di cooperazione che ne ha consentito la realizzazione e che va aldilà di un confine che ancora esiste ma che ognuno di noi può contribuire ad abbattere.
Per queste persone, per quelle che lontano da Piemonte si sono ricostruite una vita -ma non hanno mai smesso di mantenere vive le tradizioni- per le persone che oggi vivono a Piemonte auspicando una sua rinascita, per questa nuova comunità di istriani alla quale anch’io mi sento di appartenere vale la pena di confidare che ci siano -in un futuro molto prossimo- le condizioni per dare a quello stesso interrogativo: “Ma tu, come lo vorresti Piemonte d’Istria ?” una risposta davvero molto diversa, più aperta alla speranza; magari su un progetto di restauro generale, che come questo documento, sia condivisibile.
Franco Biloslavo
- 1520 -
- 1819 -